14 Febbraio 2022
Autore : Luana De Vito
Tribunale di Lamezia Terme, Ordinanza del 02.12.2021
“La domanda di insinuazione al passivo fallimentare che richiede la verifica di una pluralità di crediti, anche di diversa natura, impone al creditore un onere di allegazione quanto più specifico e chiaro delle somme pretese e dei relativi titoli, non essendo sufficiente allo scopo, il solo estratto di ruolo”.
Lo ha deciso il Tribunale di Lamezia Terme, in composizione collegiale, con l’ordinanza del 2.12.2021, rigettando il ricorso con cui l’Agenzia delle Entrate Riscossione ha proposto opposizione allo stato passivo deducendo che, diversamente da quanto ritenuto dal Curatore e dal G.D., la domanda di ammissione al passivo dei crediti iscritti a ruolo ed azionati dalle società concessionarie per la riscossione può essere proposta anche sulla base del semplice estratto di ruolo, non richiedendosi né la produzione delle cartelle di pagamento o degli avvisi di pagamento né la prova della loro notifica.
La conclusione a cui è pervenuto il Tribunale lametino trova conforto nel chiaro disposto di cui all’art. 93 L.F. nonché in un principio di diritto consolidato nella giurisprudenza di legittimità.
A norma dell’art. 93 L.F., infatti, la domanda di ammissione al passivo deve contenere non solo la succinta esposizione dei fatti e degli elementi di diritto addotti a sostegno ma anche i documenti dimostrativi del diritto del creditore, posto che in sede di verifica l’istruttoria è caratterizzata per lo più dalle prove precostituite e solo eccezionalmente da quelle costituende.
Pertanto, tutti i creditori sono tenuti a dar prova rigorosa, oltre che dell’anteriorità del credito rispetto al fallimento, anche del titolo e della precisa entità del credito insinuato, eventualmente distinto nelle sue varie ripartizioni.
Orbene, nel caso di specie, il creditore si è limitato a specificare il grado di privilegio che assiste parte del credito senza indicare in maniera specifica i tributi oggetto dell’istanza, in aperta violazione dell’art. 93 L.F. il quale obbliga il creditore istante ad esporre “i fatti e gli elementi di diritto che costituiscono le ragioni della domanda”.
In particolare, il creditore ha proposto domanda di ammissione al passivo sulla base di estratti di ruolo che fanno riferimento ad oltre 30 documenti tra cartelle di pagamento e avvisi di addebito, contraddistinti da diversi codici identificativi, rendendo praticamente impossibile l’esatta individuazione delle singole componenti di credito vantate.
Per tale motivo, su invito del Curatore, il creditore avrebbe dovuto meglio precisare la domanda mediante il deposito di conteggi analitici da cui potersi evincere per ogni tributo le cartelle di pagamento e degli avvisi di addebito.
La suddetta richiesta di integrazione documentale, tuttavia, è rimasta inevasa comportando il rigetto della domanda da parte del G.D.
Il Tribunale lametino, in composizione collegiale, investito del giudizio di opposizione, nel solco del consolidato orientamento dello stesso Tribunale ha rigettato l’opposizione sulla base della “grave carenza assertiva e probatoria della domanda di insinuazione al passivo con particolare riferimento alla necessaria (ed omessa anche nella presente fase di opposizione) specificazione dei singoli crediti, della loro natura, del loro importo, delle cartelle e/o avvisi di pagamento di riferimento, avendo l’opponente prodotto solo gli estratti di ruolo”.
Tale decisione è stata, altresì, supportata da un granitico principio di diritto per cui “poiché non compete al cittadino la ricostruzione dell’operato dell’ufficio tributario, attraverso difficili operazioni interpretative di codici e numerazioni, la cartella esattoriale emessa deve contenere, in forma comprensibile e non criptica, l’indicazione della qualifica e dell’ammontare del tributo richiesto” (Cass. civ. Sez. V, 16.9.2005, n. 18415).
Se la ratio del suddetto principio è quella di rendere intellegibile al debitore l’ammontare e la natura della pretesa azionata, la stessa deve ritenersi, a maggior ragione, valvole, stante la delicatezza degli interessi coinvolti, nella verifica in sede fallimentare, dove le voci di debito sono spesso assai corpose.
Dunque, si può affermare che l’indicazione dei crediti attraverso dei meri codici identificativi, non assolve al rigoroso e specifico onere di allegazione imposto al creditore che voglia insinuarsi per una pluralità di crediti, anche di diversa natura, comportando un problema di genericità e indeterminatezza della domanda.
Qualunque creditore deve infatti consentire un accurato esame delle sue pretese, colmando ove possibile le carenze assertive e probatorie segnalate, ove ciò sia necessario per decidere sull’ammissione dei crediti al passivo nonché sulla sorte che deve loro riservarsi in sede di verifica del passivo.
Di seguito l’ordinanza.
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Modificato: 21 Marzo 2023